Donne, pubblicità, stereotipi

09.12.2020

L'argomento di cui voglio parlare oggi è il rapporto che lega la donna alla pubblicità, ovvero quella forma di comunicazione apparentemente innocente, la quale purtroppo, tante volte, è piena di stereotipi di genere. Tutto ciò che riguarda i diritti e il valore delle donne per me ha un significato enorme, e ritengo vergognoso che oggi, nel XXI secolo, "l'oggettificazione femminile" sia una cosa ancora permessa. 

Fin dall'antica civiltà greca, la donna non godeva di diritti politici e la sua vita era relegata all'interno della casa. Il matrimonio era deciso e combinato dagli uomini per interessi economici e sociali e la donna, trattata come un bene materiale, passava dalle mani del padre a quelle del marito. La personalità femminile era continuamente mediata e decisa da quella maschile. Da sempre avere tante donne, come possedere tanto oro, per un uomo significava raggiungere il successo, abituato fin da bambino a considerare il ruolo della donna nella società come un oggetto. La figura femminile, per nostra grandissima fortuna, è cambiata molto nel tempo, sia in società che per quanto riguarda la pubblicità, ma il percorso è appena iniziato e di passi in avanti se ne sono fatti pochi se pensiamo a tutti quelli che ancora ci sono da fare. Negli anni '50 la donna veniva definita "angelo del focolare", il classico stereotipo italiano di donna relegata entro le mura domestiche, la quale era obbligata a svolgere il ruolo di madre, moglie e casalinga. Negli anni '60 la sua immagine è leggermente cambiata, in quanto le persone hanno iniziato a vederla non più solo come madre e moglie ma anche come maestra, che è un po' una seconda mamma, dal momento che ti aiuta nella crescita e ti insegna un sacco di cose. Tra gli anni '70 e '80 la donna è passata da essere una casalinga ad una sex-symbol ed ha iniziato ad esporre il suo corpo a fini commerciali accanto a prodotti pensati e indirizzati esclusivamente ad un pubblico maschile. Negli anni '90 la figura della donna casalinga è stata sostituita dall'immagine della donna in carriera e oggetto del desiderio. Per arrivare infine agli anni nostri, gli anni 2000, in cui la donna continua ad esporre il suo corpo come "merce", e se prima il suo compito era quello di pubblicizzare il prodotto venduto, adesso ha il compito di ammaliare per vendere e influire sulla scelta d'acquisto. Troppo spesso ancora oggi, le belle ragazze, bionde, alte, snelle e con gli occhi azzurri che appaiono nelle pubblicità o in tv sono considerate donne senza valori e prive di ideali... le classiche "belle ma stupide". Per riportare un esempio di stereotipo di genere farò riferimento alla pubblicità degli anni Sessanta della cravatteria Van Heusen: qui abbiamo un classico uomo in carriera che ama a tal punto la sua orrida cravatta da andarsene a letto in camicia pur di poterla indossare anche mentre dorme. E la moglie? In ginocchio, a servirlo e riverirlo. Perché è risaputo che le donne sanno fare solo quello! 

Oltre a tutto ciò il rapporto tra pubblicità e cultura ha portato negli anni al formarsi di stereotipi che successivamente si sono trasformati in vere e proprie forme di razzismo. Ad esempio nel 2017 la pubblicità di un famoso bagnoschiuma ha riportato l'immagine di una ragazza nera che sfilandosi la sua maglietta scura si è trasformata in una ragazza bianca con la maglietta bianca. O la pubblicità della Land Rover, alla fine della quale appare scritto "Sono nera. E' un problema?". Questi sono solo due dei tantissimi messaggi nascosti che si celano dietro alle pubblicità, e io credo fermamente che questi messaggi celati vengano elaborati di proposito, perché dal momento che dietro la loro creazione c'è un lavoro grandissimo e meticoloso che prevede la partecipazione di moltissimi collaboratori, non ci credo che tutto ciò venga fatto per errore. Quando ci si occupa della creazione di una pubblicità bisogna stare estremamente attenti ad ogni cosa, perché una pubblicità non vende solo prodotti, ma immagini, valori e concetti, come quello di amore, sessualità e diversità. Spesso è stato affermato che la pubblicità sia lo specchio della società in cui si vive e che ne rappresenti, pertanto, le idee e i valori più comunemente condivisi e diffusi. E voi siete felici di vivere in una società come la nostra? 

- Viola

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